Il silenzio del petrolchimico di Zharrës

L’odore penetrante del petrolio si infiltra tra i capelli, provocando un senso di malessere che pesa come un macigno. A soli quaranta minuti di distanza dal turismo costiero di Valona e a meno di due ore di macchina dalla capitale Tirana, Zharrës è un mondo a parte.

Qui la vita sembra fermarsi, e la speranza di un futuro migliore si affievolisce. Un senso di sconforto profondo accompagna costantemente il rumore costante delle macchine, mentre il silenzio avvolge il resto del paesaggio. Eppure, nonostante tutto le aquile volano in cielo.

Le persone residenti sono consapevoli del malessere, anche il più scettico sa di non poter vivere a lungo. Eppure lo spirito di sopravvivenza è insopprimibile: sulle colline spuntano strani obelischi di petrolio, affianco vigneti e serre.

Non c’è da sorprendersi delle statistiche: 1 su 2 abitanti muoiono di cancro, tumori e problemi respiratori.

Il quadro è allarmante. Le statistiche rivelano che il tasso di mortalità a Zharrës è notevolmente superiore alla media nazionale albanese. Molti residenti vivono nell’angoscia costante delle malattie legate all’inquinamento, cercando di far fronte a una realtà che sembra insormontabile.

L’accesso alle notizie è limitato, e le informazioni disponibili sono scarse.  Sappiamo che i pozzi sono più di quelli dichiarati, ma quantificarli è un’impresa ardua. Sono gestiti dalla società statale Albpetrol e dal gruppo cinese Bankers Petroleum. Molte delle attrezzature sono dismesse, provocando la fuoriuscita di liquami,metano, azoto e anidride carbonica.

Le interviste con alcuni lavoratori del petrolchimico rivelano la pressione e il timore costante di rappresaglie. I dipendenti sanno di non poter parlare, scelgono il silenzio come forma di sopravvivenza. “Fate tutto in fretta e state attenti alla sicurezza”, ci dice Gjovalin, un operaio macedone che ha deciso di rompere il silenzio. La sua protesta è un gesto audace, un tentativo di far emergere la verità nascosta sotto la superficie. Il suo sorriso è il simbolo delle vite umane sacrificate sull’altare del profitto.

In questo scenario, gli stranieri si trovano a lavorare nei campi petroliferi di Zharrës, spesso in condizioni difficili e per salari bassi. Questa pratica solleva questioni di giustizia sociale, equità e diritti dei lavoratori. È cruciale che le autorità locali e le organizzazioni sindacali si impegnino nella regolamentazione e nel monitoraggio delle condizioni di lavoro, garantendo che tutti i lavoratori, indipendentemente dalla loro origine, ricevano un trattamento equo e beneficino di protezione sociale adeguata.

Mentre il petrolio scorre nelle vene della terra, il mondo osserva in silenzio, ignorando il prezzo che questa comunità sta pagando.

Un altro fattore da considerare è la pressione economica che spinge molti lavoratori stranieri a svolgere lavori pericolosi e usuranti in cambio di una paga.